Dal primo novembre 2024 scatta l’ultima erogazione del cosiddetto “bonus Maroni”, l’incentivo destinato ai lavoratori dipendenti che decidono di ritardare l’uscita anticipata dal lavoro, pur avendone i requisiti. Si tratta di una misura riservata ai lavoratori che hanno maturato i requisiti previsti da quota 103, ovvero il raggiungimento di 62 anni d’età e 41 anni di contributi. Introdotto una prima volta tra il 2004 e il 2007 dall’allora ministro del Welfare Roberto Maroni (scomparso nel 2022), la versione rivisitata del bonus assicura un aumento dello stipendio netto tramite un esonero contributivo che per quest’anno è del 9,19% (pari all’aliquota massima del contributo “invalidità, vecchiaia e superstiti”).
Intanto, nella manovra si profila una decontribuzione simile come incentivo ulteriore per chi ritarda il pensionamento. Come annunciato nei giorni scorsi dal ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, la prossima legge di bilancio introdurrà “un innovativo meccanismo di incentivazione alla permanenza in servizio su base volontaria”, con “un incentivo significativo sul fronte fiscale”. A tal proposito si parla di una detassazione del 9,19% di contribuzione a carico del lavoratore, quota corrispondente all’attuale bonus Maroni.
Questo bonus risulta più appetibile per i dipendenti che percepiscono uno stipendio annuo superiore ai 35mila euro: sotto quella soglia, infatti, i contributi sono già stati ridotti, rispettivamente del 7% per i redditi sotto 25mila euro e del 6% tra i 25 e i 30mila euro, con un conseguente aumento delle buste paga. Per l’erogazione del bonus l’Inps ha stilato un calendario specifico, partito il 2 agosto scorso, in base alle categorie di dipendenti che hanno diritto a usufruire del contributo. All’inizio del prossimo mese, dunque, si apre l’ultima tranche di pagamenti riconosciuti ai lavoratori che non hanno ricevuto il contributo in precedenza.
Quali sono i requisiti
Come previsto dal calendario dell’Istituto di previdenza, il 1° novembre scatta il pagamento del bonus solo per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, nel caso in cui il trattamento pensionistico sia liquidato da una gestione diversa da quella esclusiva dell’assicurazione generale obbligatoria (Ago). Per avere il bonus Maroni è necessario non risultare titolari di pensione diretta, ad eccezione dell’assegno ordinario di invalidità, a carico, anche pro quota, delle gestioni previste dall’articolo 14.1 del decreto legge numero 4 del 2019. Inoltre, non si deve perfezionare il requisito anagrafico per il diritto alla pensione di vecchiaia nel caso di contribuzione accreditata in due o più gestioni previdenziali, o quello dell’età anagrafica inferiore richiesta per la pensione di vecchiaia ai sensi di disposizioni di legge più favorevoli, nelle ipotesi in cui sia presente una contribuzione in un’unica gestione.
Per i datori di lavoro non cambia nulla, perché dovranno comunque versare all’Inps la quota di contribuzione a loro carico: di norma è pari al 23,81%.
La domanda per il bonus
Come fare domanda? Per richiedere il bonus ci sono diverse opzioni. È possibile fare domanda direttamente dal sito internet dell’Inps, accedendo tramite Spid (sistema pubblico di identità digitale) almeno di livello 2, Cns (carta nazionale dei servizi) o Cie (carta di identità elettronica), seguendo il percorso “Pensione e previdenza” > “domanda di pensione” e proseguendo all’interno dell’area tematica “Domanda pensione, ricostituzione, ratei, certificazioni, Ape sociale e beneficio precoci”.
Si possono anche utilizzare i servizi telematici offerti dagli istituti di patronato riconosciuti dalla legge. In questo caso il lavoratore può richiedere il supporto degli esperti del patronato che possono presentare per suo nome e conto la domanda. O ancora contattare il contact center integrato al numero verde 803164 (gratuito da rete fissa) o al numero 06164164 (da rete mobile a pagamento in base alla tariffa applicata dai diversi gestori).
Dopodiché il riconoscimento della misura segue questo percorso: una volta ottenuta la domanda da parte del lavoratore, l’Inps provvede a certificare allo stesso (previa comunicazione al datore di lavoro) il raggiungimento dei requisiti minimi pensionistici per l’accesso al trattamento di pensione anticipata flessibile. Deve farlo entro trenta giorni dalla richiesta o dall’acquisizione della documentazione integrativa necessaria. Una volta acquista la certificazione, il datore di lavoro procede all’eventuale recupero, a conguaglio, delle contribuzioni pensionistiche eventualmente già versate.
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