La vicenda processuale
La fattispecie riguarda l’adozione delle misure preventive a fronte dei procedimenti penali avviati per i reati di emissione di fatture per operazioni insistenti, indebita compensazione, falso ed illecito reimpiego, aventi come comune denominatore l’abuso delle agevolazioni fiscali previste dal DL 34/2020 (c.d. Superbonus edilizio).
Nel dettaglio, è oggetto di disamina la legittimità del sequestro ordinato nei confronti di una srl promotrice di un complesso schema fraudolento, attraverso l’emissione di fatture false, finalizzato, tuttavia, alla simulazione dell’esistenza di spese in concreto non ancora sopportate per creare fittiziamente il presupposto costitutivo del diritto alla detrazione tipico del bonus in questione.
Le divergenze alla base di presupposti cautelari invocati dal pubblico ministero, si armonizzano, appunto, nella plurioffensività delle frodi correlate al Superbonus, le quali possono essere dirette, in concorso tra loro, nei confronti sia degli istituti di credito, che dello Stato.
Avverso la disposizione confermativa del sequestro sulle società coinvolte, gli indagati ricorrono in Cassazione adducendo l’insufficienza degli elementi probatori a sostegno del provvedimento cautelare, oltre che il requisito del durevole asservimento delle stesse ai reati contestati.
Le (differenti) finalità del sequestro preventivo e impeditivo in rapporto all’agevolazione da Superbonus
Preliminarmente, la Suprema Corte ha precisato che alla base del sequestro preventivo vi è il rapporto di “pertinenza” durevole e costante, anche indiretta, del bene al reato.
In particolare, le frodi fiscali legate al Superbonus si connotano per un modus operandi bifasico, in cui l’emissione delle fatture per lavori inesistenti è prodromico alla creazione di crediti fiscali illegittimi, cedibili e monetizzabili presso istituti di credito, ovvero utilizzabili in detrazione d’imposta, se compensati dal cessionario, dando luogo al delitto ex art. 10 quater c. 2 D.Lgs. 74/2000.
Il fumus commissi delicti correlato al reato di emissione delle fatture per operazioni inesistenti si sostanzia nella condotta dell’agente che, attraverso la fruizione dell’agevolazione fiscale in parola, monetizza il credito attraverso la cessione o mediante lo “sconto in fattura” ex art. 121 DL 34/2020.
La Corte regolatrice valorizza il presupposto fattuale per cui fatture emesse “in acconto” di opere non ultimate o non certificate sono, in realtà, strumentali alla simulazione di spese insussistenti e, quindi volte a realizzare il presupposto costitutivo del diritto alla detrazione sia pure fondato su crediti non spettanti, se non addirittura inesistenti (cfr. Cass. pen. n. 42012/2022). Diversamente argomentando, sebbene la condotta penalmente rilevante consista primariamente nella violazione della norma che subordina la concessione del beneficio fiscale all’effettiva esecuzione e completamento dei lavori edili, ciò non elimina la rilevanza penale della falsa fatturazione funzionale alla creazione del credito inesistente.
Conclusioni
La sentenza in commento nel ritenere sussistenti i concreti e persuasivi elementi in grado di ricondurre l’evento delittuoso alla condotta dell’indagato, ha sancito la legittimità del sequestro impeditivo, considerato soprattutto che, data la peculiare natura dell’agevolazione da Superbonus, la libera disponibilità dei beni avrebbe esacerbato le conseguenze dei reati o favorito la commissione di altri illeciti simili.
Il vincolo così imposto, inoltre, è affatto compatibile con le altre misure di prevenzione da cui le srl coinvolte risultavano già attinte, dal momento che il perseguimento di scopi differenti attraverso il sequestro penale rispetto a quello di prevenzione, ben si attaglia alla diversità delle contestazioni penali connaturate all’agevolazione fiscale da Superbonus.
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