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Il paradosso della ricarica: più tasse sugli elettroni che sulla benzina #finsubito prestito immediato


Il paradosso della ricarica in Italia: più tasse sugli elettroni che sulla benzina.  Sono infatti gli oneri fiscali e parafiscali applicati sulle tariffe per il rifornimento dei veicoli elettrici la zavorra insostenibile che grava sui prezzi alla colonnina e, seppur in misura minore, su quelli domestici. E sono, incredibilmente, superiori a quelli applicati ai carburanti fossili. Insomma, un mondo all’incontrario rispetto agli impegni per la decarbonizzazione dei trasporti presi dall’Italia in sede europea. La dimostrazione è in una analisi comparata tra costi di ricarica elettrica e costi per il rifornimento di carburanti fossili realizzata dal think tank ECCO. 

Lo studio rileva che, a parità di energia consumata, l’assetto degli oneri fiscali e parafiscali dei beni energetici è in tutti i casi penalizzante per le ricariche elettriche.

Ciò impedisce agli operatori che si approvvigionano dalla rete di applicare prezzi vicini a quelli dei concorrenti stranieri, come dimostrato anche dallo studio di AFRY Management Consulting in collaborazione con Motus-E. Solo la maggiore efficienza energetica delle auto elettriche rende vantaggioso guidarle. E solo a precise condizioni.

L’analisi di ECCO: per la prima volta l’incidenza dei prelievi fiscali e parafiscali sulle tariffe di ricarica in Italia

L’analisi comparata, per la prima volta in Italia,  descrive nel dettaglio la struttura delle tariffe e quantifica la relativa incidenza per unità energetica, percorrenza ed emissioni specifiche di CO2.

La maggiore tassazione delle ricariche elettriche è prevalentemente dovuta alla componente degli oneri generali di sistema, che risultano particolarmente gravosi sulle ricariche alle colonnine a uso pubblico e sulle ricariche private diverse dalle domestiche (come, ad esempio, i contatori condivisi nei garage condominiali). L’Iva applicata anche sugli oneri generali di sistema ne amplifica ulteriormente il peso. Sull’elettricità, infine, incidono anche gli oneri cosiddetti ETS (Emission Trading System) che devono pagare i fornitori di energie elettrica in quanto aziende energivore, mentre il mondo del trasporto entrerà nel sistema di emissioni solo nel 2027. Vedi il grafico qui sotto.

Benzina e ricarica a confronto: più tasse sul kWh

Per la ricarica domestica gli oneri risultano più elevati rispetto a benzina e diesel rispettivamente del 5% e del 30%, arrivando a un +265% nel confronto con il Gpl. Il differenziale cresce poi sensibilmente per le ricariche domestiche da utenze “altri usi”, cioè in garage alimentati da contatori diversi rispetto a quello domestico. Nel qual caso le ricariche scontano un peso dell’imposizione superiore del 134% rispetto alla benzina, del 191% rispetto al diesel e del 718% rispetto al Gpl.

Confronto esteso anche alle ricariche effettuate in azienda (+22% di oneri vs benzina, +52% vs diesel, +327% vs Gpl), alle colonnine pubbliche a bassa potenza (+45% di oneri vs benzina, +81% vs diesel, +407% vs Gpl) e soprattutto a quelle ad alta potenza (+202% di oneri vs benzina, +275% vs diesel e +954% vs Gpl). Si arriva così a costi di esercizio per le auto elettriche vicini e in un caso superiori alle auto a benzina, come si vede  nel grafico qui sotto.

Costi per 100 km di un’ auto a benzina, compratati (da sinistra) con una elettrica alimentata da contatore domestico, da un contatore condominiale o privato non domestico, da un pod aziendale, da una colonnina in bassa tensione a corrente alternata e da una colonnina in media tensione in corrente continua. Le sigle BTVE e MTAU identificano il prezzo a cui i gestori della ricarica si approvvigionano di energia, comprensivo degli oneri fiscali.

Ricarica: emetti di meno, ma paghi di più

Guardando invece al peso degli oneri in relazione alle emissioni di CO2 delle diverse alimentazioni, con l’attuale mix energetico italiano per la produzione di elettricità, alla ricarica elettrica è applicato un carico fiscale e parafiscale pari a un costo medio equivalente di 415 €/tCO2 (870 €/tCO2 per le ricariche in media tensione), contro un valore medio di 252 €/tCO2 per i carburanti fossili.

Una divergenza clamorosa e in evidente contrasto con l’applicazione del principio comunitario “chi inquina paga” riferito alla CO2. Oltre che con gli impegni profusi per il miglioramento della qualità dell’aria nelle città.

Una divergenza clamorosa e in evidente contrasto con l’applicazione del principio comunitario “chi inquina paga” riferito alla CO2. Oltre che con gli impegni profusi per il miglioramento della qualità dell’aria nelle città.

L’oroscopo di ECCO sul gettito fiscale

Lo studio prende poi in esame come varierà il gettito fiscale complessivo con l’aumento delle vetture elettriche a scapito di quelle termiche.

Ciò comporterà una significativa riduzione dei consumi energetici, data la loro elevata efficienza. Di conseguenza si avrà una riduzione del gettito dello Stato, stimata da ECCO in 1 miliardo di euro al 2030.

Tuttavia non è ipotizzabile un aumento della fiscalità sull’elettricità in generale, sostiene lo studio, perchè ciò produrrebbe aumenti dei costi insostenibili per le famiglie e le aziende. Quel buco in bilancio si dovrà recuperare in altri modi. Quali?

Partiamo analizzando i numeri in ballo. L’obiettivo del Governo fissato nel PNIEC è raggiungere entro il 2030 quota 4,3 milioni di auto elettriche e 2,3 milioni di ibride plug-in. Considerando anche l’estensione ai trasporti del meccanismo ETS dal 2027 (cosiddetto ETS2), il report stima una riduzione del gettito fiscale rispetto al 2023 di circa 1,1 miliardi di euro al 2030, 3,7 miliardi al 2035 e 5,8 miliardi al 2040.

Ma perché, se gli oneri fiscali e parafiscali sulle ricariche elettriche sono ben più alti rispetto a quelli applicati ai carburanti tradizionali, le entrate sono previste in calo? La risposta è nell’elevata efficienza dei veicoli elettrici. Nonostante il peso degli oneri in tariffa per unità di energia utilizzata, infatti, i veicoli elettrici percorrono distanze da 3 a 5 volte superiori rispetto agli equivalenti mezzi termici a parità di energia utilizzata. Meno energia tassata, meno ricavi dalle tasse.

Chi paga? I Sussidi Ambientalmente Dannosi

 

Di conseguenza, «sistemi fiscali e strutture tariffarie devono prendere atto di questo e distribuire i costi e le attese di gettito in maniera coerente con la realtà, non in base a schemi passati.» commenta Massimiliano Bienati, Responsabile del programma trasporti di ECCO.

Dal 1990, i sistemi elettrici hanno consegnato una riduzione del 56% delle emissioni. Il sistema dei trasporti, al contrario, le ha aumentate dell’1%.

Sulla tariffa elettrica gravano oneri di sviluppo delle rinnovabili dei sistemi d’incentivazione passati che permettono oggi la decarbonizzazione del sistema dei trasporti. Chi deve pagare ora? Questa la ricetta di ECCO: «È fondamentale una riflessione sull’eliminazione degli oneri dalle tariffe elettriche, trasferendo le esigenze di gettito su un percorso di riforma estesa dei Sussidi Ambientalmente Dannosi». Un impegno che l’Italia ha assunto sia in sede G7, sia in sede di Consiglio europeo nel quadro di Repower EU, e già prevista dalla legge delega fiscale.

 

Riducendo progressivamente gli attuali Sussidi Ambientalmente Dannosi (SAD) applicati all’energia per i trasporti si potrebbero recuperare infatti oltre 6 miliardi di euro (su un totale di 8,8 miliardi) di  cui circa 3,4 miliardi relativi allo sconto applicato all’accisa per il gasolio rispetto alla benzina. Sarebbe il cosiddetto “riallineamento” delle accise di cui già si è parlato per la Legge di Bilancio 2025.

E l’eliminazione degli oneri parafiscali sulle tariffe elettriche, soprattutto quelle applicate alle ricariche pubbliche e semipubbliche, ridarebbe ai veicoli elettrici un netto vantaggio competitivo su quelli termici.

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