Il rapporto La Bussola dell’agenzia regionale Veneto Lavoro: crescono nel mercato i segnali di frenata. Nell’industria assunzioni giù del 7%
Ci siamo. Il saldo tra assunzioni ed uscite nel mercato del lavoro dipendente in Veneto, tra gennaio e settembre, è tornato sotto il dato 2019 (72.800 contro 73.600), ultimo anno prima del Covid. Le fiammate occupazionali seguite alla grande paralisi del 2020 si sono esaurite, l’apparente euforia degli ultimi due anni, rispecchiata dalla vivacità delle dimissioni spontanee (cioè dell’ampia disponibilità di posti di lavoro via via migliori), si è intiepidita. E se le assunzioni a termine riprendono a salire mentre quelle a tempo indeterminato calano, la deduzione più ovvia rimanda al ritorno ad un clima di prudenza, da parte delle aziende.
Il rapporto
La tendenza si trova nel rapporto La Bussola dell’agenzia regionale Veneto Lavoro, diffuso e aggiornato a settembre. I confronti con l’analogo periodo 2023 confermano l’avvicinamento ad una situazione di torpore. Nessuna crisi, insomma, almeno per ora; ma nessuna licenza a sottovalutare i numeri. Tra gennaio e settembre in regione si sono creati 72.854 posti di lavoro, 3.600 in meno rispetto al 2023 e, soprattutto, 1.200 in meno sul 2019.
La contrazione
Settembre è un momento di fisiologica contrazione delle posizioni di lavoro, con la fine dei contratti a termine estivi, ma si colgono «alcuni timidi segnali di miglioramento» (il saldo è negativo per 4.113 unità che si confrontano con le -7.328 di agosto e le -5.852 di un anno fa), specie nell’industria, dove il saldo torna positivo, +4.200, dopo il saldo negativo di agosto; ma l’incidenza delle nuove assunzioni a tempo parziale è ai massimi nell’ultimo triennio, al 33,5% nei nove mesi e al 35% a settembre, raggiungendo un 52,2% nel segmento femminile. Senza contare che a settembre i seimila posti netti in più a tempo indeterminato, più favorevoli rispetto al +3.600 del 2023, sono dovuti, oltre che all’aumento delle trasformazioni (+8%), anche al calo delle cessazioni del 12%; e il calo delle conclusioni contrattuali del 2% a settembre è riconducibile nella riduzione nelle dimissioni e recessi (-13%: 17.600 contro i 20.100 di un anno fa), in particolare nell’industria meccanica, area dove ci si «rubano» le figure specializzate nei momenti buoni; segno di un mercato che offre meno alternative.
L’atomotive
«La congiuntura è carica di elementi di incertezza – riconosce Tiziano Barone, direttore di Veneto Lavoro – ed è evidente che la partita legata alla stasi del mercato tedesco, in particolare dell’automotive, ha un peso importante. Lo stesso si può osservare per la moda. Che ci siano nubi all’orizzonte nessuno lo può negare, con questo scenario occorre fare i conti». Proprio l’industria segna ancora il passo, con assunzioni in calo del 7% nei nove mesi, con un saldo positivo di 8.657 lavoratori contro i 12.563 di un anno fa e i 19.475 del 2022. A pagare sono soprattutto la metalmeccanica (1.148 rispetto ad un dato quasi triplo lo scorso anno) e il tessile abbigliamento, che finisce in negativo (-891) .
Il terziario
Nel terziario, i servizi turistici contribuiscono in larga misura (25.261) al saldo positivo complessivo (28.594), anche se pur sempre di un paio di migliaia in meno sul 2023. «Teniamo però conto – è l’invito di Barone – che ottobre potrebbe essere un mese ancora buono per i turisti. Al di là delle cifre del momento, poniamoci domande di medio-lungo termine su temi fondamentali quali la demografia e il mancato incontro tra le abilità formate dalla scuola e quelle che le aziende ricercano».
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