L’accusa di Daniela Di Maggio, mamma del musicista ucciso nell’agosto 2023 al termine di una banale lite: «Carceri come centri ricreativi, nessun detenuto è davvero rieducato»
«Moriremo per mano di bambini armati». Daniela Di Maggio, la madre di Giogiò, il musicista ucciso nell’agosto 2023 al termine di una banale lite, lo ripete da tempo: «Moriremo uccisi da bambini con le armi in pugno». Come è accaduto a suo figlio, come è accaduto a Emanuele Tufano pochi giorni fa e come è accaduto l’altra notte a Santo Romano, 19 anni. Tutte vittime di killer minorenni. Tutti ammazzati a pistolettate per motivi assurdi e banalissimi: una spinta, una scarpa sporcata.
Signora Di Maggio, eppure hanno inasprito le leggi sui reati commessi dai minori, grazie al suo impegno, ma sembra non bastare.
«Non basta perché le leggi da sole non sono sufficienti. Non basta perché i centri di detenzione per i minori sono ormai centri di ricreazione».
Un’accusa grave, ci spiega perché ne è convinta?
«So quello che dico. Il fatto è che un ragazzo che ha ucciso viene rinchiuso, ad esempio, a Nisida. Lì gli insegnano a fare il pizzaiolo, oppure le cravatte o a diventare un artigiano. Tutto bellissimo, tutto giusto, ma il processo di responsabilizzazione? A quel ragazzo verrà davvero spiegato l’orrore del suo comportamento? Io credo proprio di no. Ormai spesso quei luoghi si trasformano i luoghi ricreativi e non di detenzione. Così facendo avremo adolescenti che hanno commesso reati presto liberi e sempre più convinti di ciò che fanno».
Cosa bisognerebbe cambiare nei centri di detenzione minorili?
«Servirebbe un processo rieducativo serio accanto all’insegnamento del mestiere che da solo non può certo bastare a far cambiare mentalità a qualcuno che a 15 o 16 anni va in giro armato e spara. È necessario che chi ha ucciso prenda coscienza dell’abisso in cui è sprofondato, altrimenti con la sola formazione professionale in carcere non si va da nessuna parte. Vuole un indizio?».
Prego.
«Il killer di mio figlio era da poco reduce da un tentato omicidio e non aveva scontato condanna grazie alla “messa in prova”, la stessa cosa per il minorenne che ha ucciso Santo. Quindi significa che quell’istituto era troppo indulgente e non ha funzionato. Per fortuna, grazie al mio impegno, la “messa in prova” per i delitti gravi commessi da minori è stata abolita, almeno questo».
Il killer di suo figlio è stato condannato a vent’anni.
«Sì ma tra sconti di pena e norme varie a stento rimarrà in carcere dodici anni, ne sono più che certa…».
La vive come una beffa?
«La vivo male come tutti i genitori ai quali è stato tolto un figlio nel modo più brutale. Ma c’è anche un altro aspetto che mi fa rabbia. Il killer di Giogiò dopo aver sparato se n’è andato tranquillamente a giocare a carte, come l’assassino di Santo che è andato ai “baretti” a bere qualcosa. Ma ci rendiamo conto? Si spara, si uccide e poi si continua tranquillamente a fare la vita di sempre».
A Napoli girano armi anche tra i minorenni.
«Esatto, ma di cosa ci meravigliamo? Qui abbiamo bambini di 8 o 9 anni che guidano T-Max. I bambini armati sono una realtà gomorroide e non vederla è da folli».
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