L’ordinanza della Cassazione, Sez. Lav., 21.10.2024, n. 27161 aggiunge un tassello importante alla giurisprudenza sui licenziamenti per giusta causa, sottolineando l’importanza della proporzionalità delle sanzioni disciplinari. In questo contesto, è necessario verificare se la condotta contestata possa rientrare tra quelle sanzionabili con misure conservatrici, come la sospensione, invece di ricorrere immediatamente alla risoluzione del rapporto di lavoro.
Tale verifica deve essere condotta attraverso un’interpretazione del contratto collettivo e del codice disciplinare, elementi che regolano il rapporto di lavoro e le eventuali infrazioni. Il punto centrale della pronuncia riguarda la necessità di valutare il grado di gravità della condotta, spesso modulato proprio dalle disposizioni contrattuali, che possono differenziare le sanzioni in base alla maggiore o minore gravità del comportamento del dipendente.
Caso del licenziamento sproporzionato – Nel caso specifico esaminato dalla Cassazione, il lavoratore era stato licenziato per una presunta infrazione disciplinare. La Corte d’Appello di Roma, pur riconoscendo l’infrazione, aveva condannato il datore di lavoro a risarcire il dipendente, ritenendo sproporzionata la sanzione massima del licenziamento rispetto alla condotta. Tuttavia, non aveva disposto la reintegrazione del lavoratore.
La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso del dipendente, ha stabilito che la Corte d’Appello avrebbe dovuto verificare se i fatti rientrassero in una delle fattispecie previste dal contratto collettivo o dal codice disciplinare che contemplano una sanzione conservativa, e non limitarsi a constatare la sproporzione della sanzione applicata. In altre parole, se la condotta rientra tra quelle per le quali è prevista una sanzione più lieve, come la sospensione, il giudice non può confermare il licenziamento, ma deve optare per la sanzione adeguata.
Proporzionalità delle sanzioni – Uno degli aspetti più rilevanti di questa ordinanza è il ribadire che, in materia di licenziamenti disciplinari, la proporzionalità tra la condotta e la sanzione deve essere interpretata alla luce delle norme contrattuali collettive e del codice disciplinare. La giurisprudenza italiana, in particolare, richiede che il giudice non si limiti a un esame generico della condotta, ma verifichi puntualmente se la violazione rientri tra quelle sanzionabili con misure meno gravi del licenziamento.
Questo principio trova fondamento nei diritti del lavoratore e nell’esigenza di garantire l’equità e la correttezza nel rapporto tra dipendente e datore di lavoro. Il contratto collettivo rappresenta infatti uno strumento fondamentale per regolare la vita aziendale e disciplinare le relazioni lavorative e le sue previsioni devono essere interpretate in modo rigoroso per evitare l’applicazione di sanzioni ingiustamente severe.
L’ordinanza n. 27161/2024 non si limita a confermare la necessità di un esame attento della condotta, ma rinvia la causa alla Corte d’Appello per una nuova valutazione, nella quale dovranno essere considerati i fatti accertati alla luce delle disposizioni contrattuali.
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