Arriva un momento in cui è necessario fermarsi a riflettere. Conviene ancora? Oppure è meglio dedicarsi ad altro? A questa domanda hanno risposto 2.100 aziende italiane dell’automotive interpellate dall’Osservatorio sulla componentistica automotive italiana dell’Anfia (l’Associazione nazionale filiera industria automobilistica) e della Camera di commercio di Torino. Dall’indagine risulta che il 12% delle imprese coinvolte sta valutando seriamente di cambiare settore, magari per convertirsi ad altre produzioni come l’aeronautica o il comparto medico.
Il 2024, per il comparto dell’automotive, è stato un anno di regressione, col 55% delle aziende che ha dichiarato di aver diminuito il proprio fatturato. Per un’impresa su tre, inoltre, è prevista una contrazione dell’occupazione.
Una situazione ancor più allarmante a causa del taglio di 4,6 miliardi di euro al fondo automotive che, rivela Anfia, sarebbe previsto dalla manovra del governo. «Abbiamo fatto investimenti significativi, accettando la sfida di cambiare profondamente il nostro settore e il modo in cui lavoriamo», spiega Marco Stella, presidente del gruppo componenti di Anfia. «Abbiamo trovato nuove tecnologie, metodi produttivi, mestieri, mercato, player. Non abbiamo paura di questi cambiamenti: le sfide del settore, però, devono anche trovare risposte efficaci».
«La politica ha dato l’ambizione, ma non gli strumenti necessari perché si potessero fare le cose in modo sostenibile. Col governo abbiamo fatto un lavoro che è durato un anno, arriviamo alla fine di uno dei periodi più difficili e ci troviamo pure il nonsense che vede sparire un fondo. Non si possono sottrarre risorse fondamentali e forse non sufficienti in questa maniera. Il percorso della legge di bilancio ci fa vedere che il governo si sta spendendo sul tema della sovranità tecnologica e industriale e allo stesso tempo deve costruire una cabina di regia per coordinare le cose». Richiesta che verrà inoltrata al ministro del made in Italy Adolfo Urso il prossimo 14 novembre.
Il 33% delle aziende dell’automotive interrogate da Anfia ha sede in Piemonte. Lì dove la Camera di commercio di Torino ha espresso la sua preoccupazione per il settore. «Seppure i dati del 2023 siano ancora positivi, l’indagine descrive una filiera pessimista, preoccupata per l’instabilità del quadro economico e per l’incertezza sui volumi produttivi e fortemente condizionata dalle strategie delle case produttrici», sottolinea il presidente Dario Gallina.
«Sebbene la maggioranza delle imprese realizzi prodotti destinati a qualunque tipo di veicolo, indipendentemente dall’alimentazione, la temuta scadenza europea impone un cambiamento del modello di business al 34% delle imprese, tra mantenimento della produzione per paesi extra Ue, virata verso l’elettrico o addirittura uscita dal settore auto. In questo contesto di incertezza si registrano stabili investimenti in r&s, un leggero calo delle imprese esportatrici e dei piani di sviluppo di nuovi powertrain e una diffusa adozione di azioni in ambito Esg».
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