C’è qualche buona notizia per gli italiani dal nuovo rapporto mensile dell’Abi, l’Associazione bancaria italiana. Nel mese di settembre, il costo medio dei nuovi mutui è sceso ancora al 3,33% dal 3,59% di agosto. Un calo marcato, specie se il raffronto avviene con il dicembre dello scorso anno, quando il tasso era salito all’apice del 4,42%. E nel complesso, i prestiti a famiglie e imprese sono aumentati di 5,8 miliardi di euro alla cifra di 1.404 miliardi. Questa è realmente una buona notizia, perché l’andamento dei soli tassi in sé nulla ci dice sul numero di italiani che riescono ad accedere al credito a condizioni migliori del recente passato.
Tassi stabili sui conti deposito
E ancora: direste che i tassi siano scesi anche sui depositi vincolati dei clienti, mentre è accaduto il contrario. Pur di poco, il risparmio è stato leggermente meglio remunerato. Si è passati dal 3,30% di agosto al 3,32% di settembre. In sostanza, le banche non se la sentono ancora di tagliare drasticamente gli interessi corrisposti ai clienti sulla liquidità depositata su un conto vincolato. Temono che questi possano portare il loro denaro altrove, ad esempio continuando ad investire nei titoli del debito italiano.
Nessun sostegno delle banche alla domanda interna
Le variazioni mensili appaiono positive, ma se allarghiamo lo sguardo all’andamento dei primi nove mesi dell’anno, i prestiti al settore privato risultano scesi. In media erano stati di 1.449 miliardi nel periodo gennaio-settembre del 2023. Quest’anno, sono scesi a 1.411,8 miliardi, registrando un calo del 2,6%. Viceversa, i depositi degli italiani nello stesso periodo sono passati da 1.776,76 a 1.779,69 miliardi (+0,16%). Pur in calo di 5,2 miliardi a settembre, nei primi tre trimestri del 2024 sono rimasti sostanzialmente invariati. Questo ci dice anche che il rapporto tra prestiti e depositi è sceso su base annuale dall’81,55% al 79,30%.
In soldoni, le banche italiane non stanno sostenendo la domanda. In termini reali, le loro erogazioni risultano diminuite del 3,5%.
Stanno, invece, tornando a puntare sul mercato sovrano. O perlomeno, hanno smesso di vendere titoli del debito. Ne possedevano per 357,3 miliardi alla fine dello scorso anno, mentre a settembre le detenzioni erano salite a 360 miliardi. Niente di che, ma un piccolo segnale di ripresa, destinato probabilmente ad accentuarsi nei prossimi mesi, quando i rendimenti scenderanno e i prezzi dei bond continueranno a salire.
Prestiti in calo da troppi anni
Da notare che le obbligazioni bancarie a settembre sono aumentate di 1 miliardo a 263 miliardi, pur restando sotto i massimi di giugno di 266 miliardi. Su base annua, comunque, la crescita è del 10,6%, pari a +35,1 miliardi. Insomma, le banche traboccano di liquidità, riuscendo a raccoglierla direttamente tramite i depositi o attraverso le emissioni obbligazionarie. Resta il fatto che i loro prestiti non risalgono. Cinque anni fa, superavano ancora il 90% dei depositi e ancora prima risultavano superiori al 100%. Il declino apparentemente inarrestabile la dice lunga sulla fiducia che gli istituti di credito nutrono verso il sistema Italia. Ben vengano le scalate italiane di banche tedesche, sperando che il risultato non sia il solito beneficio puramente finanziario senza effetti positivi tangibili per famiglie e imprese.
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