Da domani, mercoledì 30 ottobre, al via il calendario di assemblee dei lavoratori della lavoratori della zona industriale di Siracusa, in preparazione dello sciopero del 12 novembre proclamato da Cgil e Uil. Diversa, invece, la posizione della Cisl che ha chiesto a metalmeccanici e chimici di scegliere, in occasione delle assemblee, le azioni di lotta e l’eventuale ricorso allo sciopero. Secondo l’organizzazione sindacale del segretario vera Carasi, serve anzitutto una presa di posizione del governo sul nuovo piano Eni e sul rispetto degli impegni nel medio-breve termine. Alla Regione, invece, chiesta un’azione coordinata a difesa dei livelli occupazionali, dell’ambiente e della salute per evitare il rischio desertificazione.
“Troppe criticità per la zona industriale, si allo sciopero”, insiste invece Giorgio Miozzi, segretario provinciale della Uilm Siracusa, sigla dei metalmeccanici. “Si sta giocando con il futuro di tanti lavoratori e delle loro famiglie. Non ci piace lo scenario che si sta prospettando: Eni chiude gli impianti perché in perdita e ci dicono che verranno investiti circa 2 miliardi per la transizione, ma tante volte abbiamo ascoltato intenzioni alle quali non si è poi dato seguito. Non possiamo correre questo rischio. I problemi della zona industriale sono molteplici – prosegue Miozzi – gli impianti di cogenerazione Isab ad esempio sono fermi e ciò crea enormi disagi alle aziende metalmeccaniche, di servizi e di trasporti collegate perché a loro volta rimangono ferme. E se si fermano queste aziende e si fermano i lavoratori, come pensano possano vivere tutte le rispettive famiglie? Il blocco di quasi tre impianti porterà inevitabilmente ad un calo dei livelli occupazionali. E poi ancora: ci sono contratti a termine non rinnovati, aziende che mandano il personale in ferie forzate. Diteci se tutto ciò in prospettiva non sia preoccupante per i lavoratori. Eni è un’azienda a partecipazione statale e come tale anche il Governo è corresponsabile di tutto ciò e si deve quindi adoperare per garantire i livelli occupazionali attraverso la realizzazione di una transizione energetica, che deve avvenire con gli impianti accesi e non fermi, che porti a uno sviluppo sostenibile di questo polo industriale e di questo territorio che è stato fino ad oggi usato dalle grandi aziende che hanno avuto ampi margini di profitto per cui possono perderci qualcosa, perché la priorità sono e rimangono sempre i lavoratori”. In questo scenario, la Uilm ribadisce a gran voce il bisogno di una manifestazione e di uno sciopero.
E può contare sul sostengo della Fiom Cgil. “Retorica dei due tempi: oggi si spengono gli impianti domani si realizzano gli investimenti. Questo piano di trasformazione mette in discussione la continuità occupazionale e alimenta ulteriormente i dubbi sulla tenuta complessiva di un sistema industriale che mostra da anni evidenti segni di debolezza strutturale e di sistema. Il petrolchimico di Priolo, rappresenta un’area complessa dove gli impianti dei vari player risultano interconnessi e integrati nella produzione – spiega Antonio Recano – l’annunciato stop dell’impianto etilene, la chiusura di impianti strategici di Isab Goi e di Sasol in combinato disposto con la spada di Damocle dell’irrisolta vicenda Ias, rappresenta la tempesta perfetta che rischia di mettere in discussione l’intero sistema industriale e circa 10.000 posti di lavoro”. Previsione a tinte fosche per la sigla dei metalmeccanici della Cigl sempre più lontana la possibilità di riconversione e riqualificazione dell’area che si estende tra i comuni di Augusta, Priolo Gargallo e Melilli.
Il piano presentato da Eni? Se Confindustria Siracusa invita all’ottimismo, la Fiom non fa sconti: “rischia di essere disastroso sul piano occupazionale e sociale, in un territorio che fino ad ora ha sempre accettato passivamente un evidente impoverimento economico e sociale”. Per il sindacato, i segnali che arrivano dal governo e dal sistema industriale sono preoccupanti “ed allora l’unica risposta possibile per i lavoratori e per il sindacato resta l’iniziativa, la mobilitazione generale”.
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