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Schiaffo alla gang della droga, appartamento sotto sequestro a Tre Archi. Nei guai una albanese già condannata per la spedizione punitiva armata contro un rivale #finsubito prestito immediato


FERMO Covi per lo spaccio, ragazzi-soldato assoldati per vendere la droga, cani feroci da aizzare contro rivali e forze dell’ordine. Ma anche sparatorie. A mano a mano si sgretola la roccaforte dei pusher a Tre Archi. L’ultimo colpo al cuore delle gang è della polizia, ancora una volta in pieno stile di lotta alla mafia. Eseguito un altro decreto di sequestro patrimoniale, emesso dal tribunale di Ancona, su proposta del questore di Fermo Luigi Di Clemente, di un appartamento che si trova nel quartiere costiero. 

La procedura

La proposta, avanzata lo scorso luglio, stavolta ha come destinataria Romina Plaka, albanese di 33 anni: l’abitazione è intestata ai suoi genitori ma viene considerata, di fatto, la reale proprietaria dell’immobile. L’indagine ha permesso di accertare che la giovane donna, così come i suoi genitori, non avessero redditi leciti sufficienti per poter acquistare l’appartamento, ora oggetto del decreto di sequestro patrimoniale: si ritiene sia stato acquistato con il denaro proveniente dalla commissione di reati, in particolare lo spaccio. L’indagine, condotta dalla Divisione Anticrimine guidata da Raffaella Abbate, rappresenta la seconda tappa della maxi-indagine avviata lo scorso anno e culminata, a gennaio, con la confisca di un altro immobile a Tre Archi, una moto di grossa cilindrata, un’auto e alcuni conti correnti bancari per circa 70mila euro ai danni dell’ex compagno della stessa Plaka, il marocchino Khalid Berdaa, destinatario della misura di prevenzione personale della sorveglianza speciale che lo obbliga a soggiornare fuori dalla provincia. Per la donna albanese, che è in libertà, attivate le misure cautelari dell’obbligo di firma e di dimora.

La ricostruzione

Secondo gli inquirenti, la coppia sarebbe stata al vertice di uno dei due sodalizi in guerra per il controllo della piazza di spaccio, contesa fra loro e una banda di magrebini. Le gang si sono più volte affrontate, e per mesi, con azioni violente e armate. Si tratta di una svolta nella lotta alla criminalità della zona: per la prima volta i boss si vedono attaccare il patrimonio. Si mette mano alle proprietà e ai soldi della banda, assestando un duro colpo agli affari del sodalizio. L’ultimo blitz è legato a filo doppio con le operazioni che stanno smantellando i sodalizi criminali di Tre Archi, in pochi anni arrivata a contendere il primato di piazza dello spaccio più importante della regione all’Hotel House di Porto Recanati. Una rete di pusher con clientela in arrivo anche da fuori provincia, soprattutto dal Maceratese. La polizia ha posto i sigilli all’appartamento, il cui valore dovrebbe aggirarsi intorno ai 50mila euro. La prossima tappa sarà l’udienza sulla confisca a gennaio. Plaka, che insieme all’ex compagno aveva messo in piedi un’organizzazione sui generis, lei albanese e lui marocchino, non è un volto e un nome nuovo alle cronache. Il marocchino è stato coinvolto in passato in una serie di indagini antidroga, come le operazioni Spada e Tifone, che avevano già portato a smantellare parzialmente sia la sua gang che quella degli avversari magrebini.

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Il processo

A giugno la donna era stata condannata a 8 anni e 6 mesi dopo la sanguinosa spedizione punitiva alla quale aveva partecipato nel settembre dell’anno prima insieme a un gruppo armato di mazza metallica, machete e pistola. Nel mirino il tunisino 38enne Jamil Nasrsi: gli avevano sparato al volto, il proiettile era fuoriuscito da una guancia e lui si era salvato per miracolo. Plaka e il fratello 31enne, Eno Shoti, erano stati processati a Fermo con rito abbreviato e condannati per tentato omicidio. Hamza Cena, il 39enne albanese che aveva esploso i colpi di pistola, è latitante. La rocambolesca fuga del tunisino si era snodata tra le vie Saragat, Segni e Moro: ma poi era stato raggiunto da Cena e la stessa Plaka, secondo gli inquirenti, gli aveva ordinato di fare fuoco. Una vendetta dopo che la giovane era stata minacciata con un coltello, inseguita e rapinata dallo stesso tunisino.





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